domenica 21 maggio 2023










Mercoledì 17 maggio 2023, la prima presentazione de "La pianura dei portici" al Teatro Sociale di Luzzara. Una bellissima emozione per tutti noi.

martedì 8 novembre 2022


La fine dell’anno ci porterà un bellissimo regalo. “La pianura dei portici” è un nuovo progetto editoriale che tra pochi mesi vedrà la luce. Sarà possibile grazie alla sensibilità di Editoriale Sometti e all’attenzione di Nicola Sometti per la cultura del territorio. Sarà un libro scritto a più mani: quelle di Giacomo Cecchin, di Massimiliano Boschini, di Simone Terzi e le mie. Sarà impreziosito dalle splendide illustrazioni di Giuseppe Vitale.


Sarà un libro scritto da amici che intende raccontare, come una guida sentimentale, i portici tra Mantova e l’Emilia. Per ora non vi sveliamo altro. Avevamo solo voglia di condividere la notizia. 

sabato 18 giugno 2022

 

Dieci anni fa usciva “Memoria dell’acqua”, la mia prima opera di narrativa. La presentazione numero uno fu a Modena, al Foro Boario, poi ne seguirono varie altre nelle province della grande pianura, durante un’estate 2012 che si allungò come un viaggetto sul Po.

Il racconto breve che inaugurava la raccolta aveva i toni emozional-sentimentali dell’elegia.  A distanza di anni guardo a questo racconto ancora con affetto. Eccolo qui, per celebrare la ricorrenza:

Un mantovano a Bologna

Un mantovano a Bologna è come un americano a Parigi e si muove leggero come in un musical sotto l’infilata di portici al ritmo di George Gershwin. Appena giunge nel capoluogo emiliano pensa di essere ringiovanito improvvisamente di dieci anni: è nella stessa città che ha sempre conosciuto, semplicemente grande due volte tanto e allora ha l’impressione di tornare in un luogo della memoria infantile che il ricordo trasmette sovradimensionato in ogni suo aspetto. 

Un mantovano a Bologna si accorge subito che c’è qualcosa di insolito in quella città così simile: manifesti, volantini, graffiti, locandine, affiche, cartelli, puntine, scotch, attacchini, poster e pure tazebao, tutti sovrapposti in quantità industriale a tappezzare le strade del passaggio universitario. Il collettivo studentesco convoca per questa sera una riunione sul tema: esiste ancora la scuola pubblica? Oggi sciopero per la fame nel Bangladesh. Lezioni gratis di lingua inglese: chiama questo numero. E allora si rimane come perplessi pensando al nostro tessuto urbano, così lindo, così netto, così rinascimentale, privo di tutta questa carta viva.

Un mantovano a Bologna prende casa spesso assieme ai suoi concittadini che lasciano con lui la città alla fine delle scuole superiori e almeno nei primi mesi questa è la sua dimensione: torna sempre a casa il week end, svuota la biancheria sporca, saluta la famiglia, dà un bacio alla fidanzata. Poi, col passare del tempo, si accorge di vivere in una delle poche metropoli di provincia e diventa desideroso di gustarne il sapore. E allora parla con accento toscano se condivide l’affitto con ragazzi livornesi e addirittura comincia a passare nel capoluogo emiliano i fine settimana. E, sia ben chiaro, è un fatto che gli costa non poco a livello emotivo.

Un mantovano a Bologna non è come dire un mantovano a Milano, un mantovano a Roma, un mantovano a New York, perché solo nel primo caso si evita quella dinamica di amore/odio che lega i nostri migranti sbalzati dalle comodità piccolo-urbane al traffico micidiale regolato dai clacson e non dai semafori, dalle compressioni in metropolitana e non dallo struscio per negozi. E’ tutt’altra cosa, è la stessa sensazione di passare nel salotto di sempre una serata in cui si è appena comprato un divano nuovo.

Un mantovano a Bologna è quasi certamente un turista per caso.

Un mantovano a Bologna è un po’ come dire un ferrarese a Bologna o un modenese a Bologna, forse con l’unica differenza del trasporto pubblico difficoltoso che determina una pseudo distanza virtuale tra le due città: è una distanza che culturalmente non esiste, ma che di fatto pone un vincolo più che altro emotivo e trasforma in spazi di intensa riflessione filosofica piccole stazioni di campagna come quelle di Gonzaga o di Rolo.

Un mantovano a Bologna, quando ci ritorna, anni dopo, dopo aver lasciato la dotta comunità felsinea e gli studi, sente di appartenere a quella città che non compare più in nessun documento di identità o in tessere qualsivoglia racchiuse nel portafoglio. Se poi è temerario e piuttosto sentimentale, e percorre le strade del centro fino a raggiungere la torre degli Asinelli e della Garisenda, può da lì iniziare a imboccare Via Zamboni in senso opposto. La sua direzione di marcia risulta contraria a quella degli studenti ventenni che dalle Facoltà si spargono a spaglio verso la città, per andare a pranzare, per organizzare un pomeriggio di studio collettivo in qualche biblioteca. E Via Zamboni in senso opposto diventa la metafora di una vita trascorsa come un fiume nel quale non si può scendere due volte.

 

http://www.rayuelaedizioni.it/prodotto/memoria-dell-acqua/

lunedì 11 ottobre 2021

Dal 18 ottobre 2021 Salaborsa ospita in Scuderie le illustrazioni di Victor Cavazzoni tratte dal libro "Social Classici. 50 capolavori letterari ripensati al tempo degli smartphone"


Dal 18 ottobre Salaborsa a Bologna ospita in Scuderie le illustrazioni di  Victor Cavazzoni tratte dal libro  Social Classici. 50 capolavori letterari ripensati al tempo degli smartphone .

Ci sono immagini e simboli che hanno modellato in maniera così potente il nostro immaginario collettivo da rendere riconoscibili i libri da cui sono tratti -complici spesso gli adattamenti cinematografici- anche a chi non li avesse mai letti.

 

Il progetto da cui sono tratte queste illustrazioni ("Social Classici", pubblicato da  Edizioni Clichy e scritto da Fabio Veneri) si sviluppa partendo da cinquanta classici letterari della cultura occidentale, con lo scopo di attualizzarli e sintetizzarli visivamente, anche attraverso un approccio grafico al tempo stesso concettuale e minimale, utilizzando proprio le immagini più conosciute e riconoscibili, in un gioco formale di piani sovrapposti in cui spesso sta allo spettatore scoprire una seconda chiave di lettura all'interno dell'illustrazione, che racconta della storia più di quanto non appaia ad una visione superficiale.

 

La mostra è a ingresso libero, per l'accesso è necessario il green pass.

sabato 16 maggio 2020


Oggetti e colori da sempre identificano icasticamente forme e comportamenti della creatività giovanile.
Italia, seconda metà degli anni sessanta del secolo passato. La bandiera gialla diventò il simbolo del beat e della nuova musica rock che giungeva dal mondo anglosassone. La trasmissione radiofonica Rai che fu all'origine di tutto scelse questo simbolo cromatico perché era quello che veniva issato sulle navi in quarantena: la musica nuova, bandita inizialmente dalle emittenti nazionali, rompeva in modo esplosivo l'isolamento e diventava fenomeno di costume. Una celebre canzone dell'epoca intitolata “Bandiera Gialla” contribuì a rendere questo simbolo ancora più noto e consolidare il ruolo del “giallo” come colore della musica beat.
Negli stessi anni, ad Amsterdam, decine di giovani pedalavano allegramente per il centro della città cavalcando le famose “biciclette bianche”: l'obiettivo era creare contrasto con il comportamento giudicato antisociale degli automobilisti. Questo mezzo di trasporto era il simbolo dei Provos olandesi: le loro azioni e i loro happening furono anticipatori delle battaglie contro il consumismo e per l'ecologia caratteristiche del decennio successivo.
A Mantova, da quasi vent'anni, è indubbio che la creatività giovanile trovi il proprio simbolo più visibile e riconoscibile nelle “magliette blu”, ossia l'indumento che indossano i volontari (per lo più adolescenti e ragazzi) del Festivaletteratura. Durante la manifestazione che si svolge ogni settembre dal 1997 questi punti blu sparsi per la città sono il riferimento che permette all'evento di funzionare in modo efficiente. E il successo e la popolarità del Festival dipende anche da questi ragazzi non solo per l'apporto in termini organizzativi e logistici ma anche e soprattutto per la ventata di entusiasmo e di rinnovamento che portano alla città in questi cinque giorni di fine estate.
Dal momento che anch'io sono stato “maglietta blu” per diverse edizioni del Festival, ho ritenuto, in via del tutto eccezionale, di smettere in questo articolo i panni del cronista e assumere quelli del testimone per raccogliere qualche mio ricordo legato al tema “essere ventenni al Festivaletteratura”. Compio questa operazione, apparentemente ardita rispetto all'impostazione di questo lavoro, perché voglio contribuire ad affermare un fatto peraltro ben noto: questo evento culturale di caratura internazionale è molto di più che la somma di singoli eventi che si alternano in modo serrato durante circa 100 ore. Qui la teoria olistica funzione perfettamente: il Festivaletteratura è anche l'insieme delle relazioni che si instaurano tra creativi e creativi, tra giovani e creativi, tra giovani e giovani e ovviamente tra tutti questi elementi e il resto del pubblico e della cittadinanza. E l'effetto che si produce e che rimane alla fine della manifestazione è una meccanismo ad orologeria che se non viene disinnescato da una quotidianità crassa e apatica porterà prima o poi a qualche esplosione di creatività.
Come è ben noto, a creare Festivaletteratura è stato un comitato organizzatore di professionisti mantovani che decise di provare a dare corpo all’idea di realizzare un festival letterario a Mantova, prendendo come modello iniziale il festival di Hay-on-Wye in Galles. Il gruppo di ideatori, costituito da Laura Baccaglioni, Carla Bernini, Annarosa Buttarelli, Francesco Caprini, Marzia Corraini, Luca Nicolini, Paolo Polettini e Gianni Tonelli, ha elaborato un modello di Festival assolutamente originale, adeguato alla realtà urbanistica e storica di Mantova e capace insieme di innovare profondamente il modo di avvicinare il pubblico alla letteratura. I giovani, come già detto, sono stati fin da subito un elemento centrale di questa iniziativa e fin dal primo anno, il 1997, il reclutamento delle magliette blu si rivelò un successo.
Nel mio caso, tuttavia, la prima edizioni la vissi solo da spettatore, passando per Piazza Leon Battista Alberti mentre Alessandro Bergonzoni celebrava un suo monologo. Ero allora poco più che diciottenne. L'idea mi conquistò e l'anno successivo decisi di entrare nello staff di volontari.
Terminati gli esami all'Università di Bologna nell'estate del 1998, iniziai a frequentare il quartier generale del Festival di allora che era sito in Via Chiassi. Il responsabile dei volontari del Festival era già da allora Alessandro Della Casa. Fui dotato di una postazione al computer e durante agosto fui coinvolto nella preparazione dell'evento. Con me, altri studenti universitari e anche vari studenti delle scuole superiori di Mantova: il Festivaletteratura permetteva un mescolamento di compagnie giovanili tradizionalmente piuttosto chiuse.
Fin dall'inizio il Festival favorì la mobilità di volontari nazionali e internazionali: quasi come la Firenze alluvionata degli anni sessanta, si mobilitarono schiere di giovani intenzionati a “salvarsi la vita” con i libri e con la cultura, e così facendo, salvare anche la città “addormentata”, almeno per qualche giorno. Giungevano poi i tirocinanti dall'estero, che lavoravano durante l'anno alla preparazione dell'evento e contribuivano a prolungare l'atmosfera internazionale in città nell'arco dei dodici mesi.
C'erano riunioni assembleari rivolte ai volontari: alcune di esse si svolsero presso la Sala delle Capriate in Piazza Leon Battista Alberti. Poi c'erano anche riunioni a gruppi ristretti, a secondo dei compiti assegnati. Nel frattempo, ciò che accadeva era ovviamente il fatto di fare conoscenza con decine di giovani, tutti più o meno appassionati a qualche forma creativa o perlomeno interessati ad aggregarsi per qualcosa di nuovo o diverso. Ricordo, tra i vari incontri, quello con un allora giovanissimo liceale, Gabriele Rampi (oggi uno dei migliori contrabbassisti jazz del territorio e non solo). Ci fermammo una mattina in un bar a prendere qualcosa da bere: lui mi raccontò della sua passione per la fotografia e di un viaggio che aveva fatto a New York. Ricordo altri incontri con ragazzi e ragazze e occasioni di scambio e confronto: alcuni erano ad orari davvero atipici, perché proprio in quell'anno furono inaugurate le colazioni con l'autore, che ovviamente, come ogni altro evento del Festival, prevedeva una nutrita partecipazione di volontari.
Io, a quei tempi, ero un fervente seguace della poesia e uno scrittore di versi in erba. Il Festival per me rappresentava dunque non solo la possibilità di conoscere l'opera di autori importanti, ma anche di avvicinarli e osare (perché no?) chiedere loro se erano disponibili a leggere alcune delle opere che componevo. Ricordo un incontro al Festival nel 1999 con il poeta Luigi Manzi, che prima di allora non conoscevo. Non ebbi nemmeno l'accortezza di documentarmi e, a fine incontro, mi avvicinai dicendogli che avevo trovato molto interessante l'incontro, per questo avevo comprato il suo libro. Gli chiesi un autografo e gli confessai che non conoscevo i suoi versi ma che mi era piaciuto il suo approccio alla poesia. In quel frangente misi da parte ogni timidezza e gli domandai se potevo inviargli un manoscritto. Lui fu molto cortese e mi segnò il suo indirizzo di casa sul frontespizio del libro, aggiungendomi una dedica “A Fabio, innamorato dei versi....non i miei”. Francamente non ricordo se poi mai diedi seguito a questo contatto e inviai a lui qualche componimento.
Queste erano (e sono) tipiche situazioni da Festivaletteratura: probabilmente chiunque ami scrivere o ami la cultura ne ha vissute di simili. Esistevano poi una serie di riti quasi obbligati (e comunque piacevoli) a cui si sottoponevano i volontari dell'evento, come ad esempio la risottata finale della domenica sera oppure la festa che si svolgeva nei giorni successivi in qualche campo sportivo della Provincia (ricordo sicuramente Soave).
Il Festivaletteratura è un evento importante per i giovani anche da molti altri punti di vista. Ad esempio, in quegli anni vidi passare a Mantova, durante i giorni del Festival, molti miei compagni di Scienze della Comunicazione a Bologna, quasi che per pochi giorni Mantova diventasse la città felsinea come vitalità e densità di studenti. Poi, con i primi anni duemila, al Festival sperimentai le mie prime esperienze giornalistiche significative quale collaboratore con la Gazzetta di Mantova: lì avvennero i primi incontri, le prime interviste con personaggi noti a livello nazionale. Oltre a questo, nei giorni del Festival si sviluppa una ricchissima teoria di eventi “off” che diventano corollario degli incontri ufficiali in programma: praticamente a ogni ora del giorno e della notte si può fare qualcosa di interessante e mai come in quei momenti si vorrebbe chiedere al genio della lampada il dono della ubiquità. In me, verso la fine degli anni novanta, si accese la passione per la cultura del continente latino americano: poter incontrare a Mantova personaggi come Eduardo Galeano, Daniel Chavarria, Mario Vargas Llosa, Hebe de Bonafini e tanti altri fu il miglior modo possibile, insieme ai viaggi che ho effettuato, per alimentare questa passione e definirne una progettualità, un obiettivo, uno scopo.
Ogni mantovano della mia generazione potrebbe riscrivere questa storia alla propria maniera, segno evidente che chiunque ha un debito di riconoscenza nei confronti di questa manifestazione. Io, da molti anni oramai, ho smesso di fare la “maglietta blu”. Nel frattempo ho scritto vari libri e, in un modo o nell'altro, in ognuno di questi viene citato qualche incontro o episodio accaduto al Festivaletteratura, a questa manifestazione ancora così giovane. D'altra parte, lo diceva anche uno dei tango più celebri di sempre, “Volver” di Carlos Gardel: venti anni non son niente. E il Festival li deve ancora compiere.

Tratto da 


Mantova Beat & Bit

Storie di creatività del nostro territorio dagli anni Sessanta ad oggi.

Sometti Editoriale (Mantova), 2014

http://fabioveneri.blogspot.com/p/mantova-beat-bit.html

Foto tratta da pagina facebook Festivaletteratura 


venerdì 4 ottobre 2019

Virgilio, Goethe, Proust e perfino Dostoevskij: nessuno può sfuggire all’ironia di un tweet o alla passione dei propri follower. Perché è bello scherzare per amore dei classici. Perché Omero e Cervantes aiutano a vivere meglio. E perché Shakespeare, oltre che in love, è certamente anche in like.
Social Classici è on tour!
Non perdetevi la data nella vostra città!
4 ottobre, Castiglione d/S., Mutty
26 ottobre, Ferrara, La Pazienza
9 novembre, Milano, La Scatola Lilla
16 novembre, Bologna, Sala Borsa
25 novembre, Mantova, API
14 dicembre, Verona, Libre
18 gennaio, Luzzara, CC Zavattini


giovedì 22 agosto 2019

New York: 5 poesie e 5 canzoni


New York è certamente una delle città più presenti nella poesia contemporanea. Una personalissima selezione di cinque raccolte di poesia (o singole poesie) a tema newyorkese con una selezione altrettanto personale (e libera nell’associazione) di cinque canzoni che potrebbero essere ascoltate dopo una lettura dei testi. Ovviamente, potevano essere mille (come le luci della città).


(l’immagine è l’autoritratto di Federico Garcia Lorca per “Poeta a New York”)

1-      “Pasqua a New York”  poema di Blaise Cendrars 
http://www.pangea.news/blaise-cendrars-pasqua-a-new-york-marco-settimini/

Per molti, una delle fessure attraverso cui è passata la luce che ha dato origine alla poesia contemporanea.

Canzone da accompagnare: Sting, "Englishman in New York" 
https://www.youtube.com/watch?v=d27gTrPPAyk

2-      “Poeta a New York” di Federico Garcia Lorca 
https://www.einaudi.it/catalogo-libri/poesia-e-teatro/poesia/poeta-a-new-york-federico-garcia-lorca-9788806193560/

Una delle più belle, celebri ed emozionanti raccolte poetiche del Novecento.

Canzone da accompagnare. Leonard Cohen, "Take this waltz":

Forse la più nota tra le opere poetiche del grande maestro della beat generation.

Canzone da accompagnare: Lou Reed, "Coney Island Baby", 
https://www.youtube.com/watch?v=1SHCsgqZvQM

4-      Poesie americane di Emanuel Carnevali 
http://www.atmosphereblog.com/emanuel-carnevali-il-soffio-selvatico-della-poesia/

Un poeta italiano (quasi dimenticato) nella New York dell’età del jazz.

Canzone da accompagnare: Massimo Volume, "Il primo Dio"  
https://www.youtube.com/watch?v=fiCbEz5X_58

5-      Poesia di Ernesto Cardenal contenuta negli "Epigramas" 
https://www.poesi.as/ec610021.htm

Una poesia su New York, ma forse, più propriamente, una poesia dell’assenza, di uno dei più grandi poeti contemporanei. Un gioiello.

Canzone da accompagnare: Ruben Blades, "Paula C" 
https://www.youtube.com/watch?v=ZdYqW0BS1oo




Mercoledì 17 maggio 2023, la prima presentazione de "La pianura dei portici" al Teatro Sociale di Luzzara. Una bellissima emozione...